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Genius et Loci

Solo exhibition, Gran Galleria, Reggia di Caserta

February 29 – October 13 2024

Celebrations of the 250th anniversary of the death of Luigi Vanvitelli, winning project of the second edition of Strategia Fotografia, a call for proposals by the Directorate-General for Contemporary Creativity of the Ministry of Culture for the selection of proposals for the acquisition and valorization of photography and the Italian photographic heritage.

Celebrazioni del 250° anniversario della morte di Luigi Vanvitelli, progetto vincitore della seconda edizione di Strategia Fotografia, bando della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura per la selezione di proposte di acquisizione e valorizzazione della fotografia e del patrimonio fotografico italiano.

Light, geometry, balance: Luigi Vanvitelli overcomes the familiar device of the perspective telescope ascribed to him, by enacting an authentic dramaturgy of the gaze; it means that the people that cross his architectures are like spectators who are seeing a staging carefully composed in the chiaroscuro effects and in the visiting time and paths. The vaults and floor scores mirror one within the other, suggesting the mutual belonging to the space sequences, and Vanvitelli, as an experienced theatre director, defines precisely the strategic points of the vision by signing the reference points drawn on the vaults and on the floors. His architecture is in fact the perfect metaphor of the human action: transforming nature and building a world in man’s own image, starting from the opacity of the stone to aim at the brightness of the sky.  Luigi was, in that aspect, the worthy son of Caspar van Wittel, who was one of the best vedutisti of the time that loved describing the places he painted in details, by immersing them in atmospheres handled by restless clouds; the space can’t be revealed without  the appropriate light, that’s what is shown by the images exhibited. That’s why, before one of the most visionary architects of all times, I thought that the most appropriate approach I had to use was trying to photograph his thought, his idea, before representing the objective built form. The images research the connection between the place and its history, the passage from the knowable and the unrevealed. They try to trace back to the visual sign that triggers the creative process, by having in mind that it is only through the exercise of memory that the sign is allowed to excite us.

Luce, geometria, equilibrio: Luigi Vanvitelli va oltre il noto espediente del cannocchiale prospettico a lui attribuito, mettendo in atto una vera e propria drammaturgia dello sguardo; le persone che attraversano le sue architetture sono come spettatori che assistono a una messa in scena teatrale da lui definita meticolosamente negli effetti chiaroscurali, nei tempi e nei percorsi di visita. Volte e spartiti pavimentali si specchiano l’uno nell’altro, lasciando intendere la reciproca appartenenza delle sequenze spaziali, e Vanvitelli, come un esperto regista, definisce con precisione i punti strategici della visione attraverso l’apposizione di punti di riferimento disegnati sulle volte e sui pavimenti.  La sua architettura è  la perfetta metafora dell’azione umana: trasformare la natura e costruire il mondo a propria immagine partendo dalla dall’opacità della pietra per mirare alla luminosità del cielo. Luigi fu in questo degno figlio di Caspar van Wittel, uno dei più grandi vedutisti del suo tempo, che amava descrivere dettagliatamente i luoghi rappresentati, immergendoli in atmosfere movimentate da nuvole irrequiete;  al cospetto di uno degli architetti più visionari di tutti i tempi, tentare di fotografare un pensiero, un’idea progettuale, ancor prima di rappresentarne l’oggettiva forma costruita, è l’approccio che è sembrato più appropriato. Queste immagini ricercano la connessione tra il luogo e la storia, il passaggio tra il conoscibile e il non rivelato, e provano a risalire all’indizio visivo che innesca il processo della creazione, avendo ben presente che solo attraverso l’esercizio della memoria agisce il segno in grado di produrre l’emozione.

Premio Terna Driving Energy 2024.

La via dell’invisibile


Opera finalista in mostra al Palazzo delle Esposizioni, Roma

September 24 –  October 12   2024, free admittance  ingresso libero 

Luciano Romano TRA

The glimpse of a face through the grid of a fence that hinders the view, except when the eye is aligned with the metal pattern. Tra (in-between) refers to the way our gaze passes through, as in a contemporary version of Plato’s Cave Myth,  where the vision and the things learned from here are increasingly subject to filters and conditioning. On the Web , where the identity of our Society lies, images multiply exponentially, anaesthetizing our gaze, robbing individuals of the direct experience of their lives. This pragmatism of vision displays the set of relationships an image can build, through sight, memory and collective consciousness. The word Tra reflected in the mirror spells Art by going beyond what our eyes physically perceive.  Art suggests code of interpretation and attributions of meaning, and reveals the Invisible.

La griglia di una recinzione lascia intravedere per una frazione di secondo un volto, impedendone la visione, ad eccezione di quando l’occhio si trova in asse con la trama metallica. Tra  allude al percorso di attraversamento dello sguardo, come in una versione contemporanea del Mito della Caverna descritto da Platone, dove la visione e l’apprendimento che ne consegue sono sempre più soggetti a filtri e condizionamenti. Nel Web, luogo identitario della nostra Civiltà, le immagini si moltiplicano a ritmo esponenziale e provocano un’anestesia dello sguardo, spossessando l’individuo dell’esperienza diretta del proprio vissuto. Ciò che appare in questa pragmatica della visione è l’insieme di rapporti che l’immagine instaura, oltre che con la vista, con la memoria, e l’immaginario collettivo. Vista allo specchio, la parola Tra si legge Art: andando oltre quello che gli occhi percepiscono fisiologicamente, l’Arte suggerisce codici di interpretazione e attribuzioni di senso, e rivela ciò che non è visibile.

Icons and Identities

NPG National Portrait Gallery, London

Proud to be part of the project, shooting for Shirin Neshat’s artwork. A simple and emotional portrait that capture the inner light of a young extraordinary woman. Portrait of  Malala Yousafzai  is one of the most  powerful works  recently commissioned by National Portrait Gallery in London, and now is on the cover of a new book: Icons & Identities published by NPG.   

Identity is complex, multifaceted and profoundly personal, and artists have developed innovative methods with which to explore it in images of both icons and less well-known figures. Icons & Identities examines how artworks encourage us to think about who we are and what we value, and illustrates how we are seen by society, through the variety, diversity and complexity of portraiture. 

Orgoglioso di far parte del progetto, eseguendo gli scatti fotografici per l’opera di Shirin Neshat. Un ritratto semplice ed emozionale che cattura la luce interiore di una giovane donna straordinaria. Il ritratto di Malala Yousafzai è una delle opere più potenti recentemente commissionate dalla National Portrait Gallery di Londra, ed è  ora sulla copertina di un nuovo libro: Icons & Identities pubblicato da NPG.

L’identità è complessa, sfaccettata e profondamente personale, e gli artisti hanno sviluppato metodi innovativi con cui esplorarla attraverso immagini sia  iconiche che meno conosciute. Icons & Identities esamina come le opere d’arte ci incoraggiano a pensare a chi siamo e cosa apprezziamo, e illustra come siamo visti dalla società, attraverso la varietà, diversità e complessità della ritrattistica.

Ex Novo

Solo exhibition, Pio Monte della Misericordia, Napoli

April – September 2022


The project Ex Novo concerns Art itself, exploring the visual clues which trigger the creative process. We are living in difficult times, in the midst of epidemics, conflicts, migration, violence that is reminiscent of a historical reoccurrence, the seventeenth century, the “Century of Rage” which saw the birth of the Pio Monte della Misericordia.
Ex Novo highlights the feelings of empathy and compassion towards frail, vulnerable people.
It is composed by six picture that, between April and September 2022, surrounds Caravaggio’s masterpiece, Seven acts of Mercy.
Loosely based on details of great baroque painting, they interpret the ethical mission based on solidarity of the Pio Monte in accordance with the logic and urgency of our time.

Ex Novo si riferisce alla Storia dell’Arte, ricercando gli indizi visivi che innescano il processo della creazione. Stiamo vivendo un momento difficile, tra epidemie, conflitti, esodi, violenze che fanno pensare a un ricorso della Storia, al Seicento, al “Secolo di Furore” che vide nascere le creazioni del Pio Monte della Misericordia.
Ex Novo mette in luce i sentimenti di empatia e compassione nei confronti delle persone fragili e vulnerabili. Sono sei immagini che da aprile a
settembre del 2022 fanno ala intorno al capolavoro di Caravaggio, le Sette opere di Misericordia. Liberamente ispirate a dettagli della grande pittura barocca, interpretano la missione etica e solidale del Pio Monte secondo le logiche e le urgenze del nostro tempo.

 

Hasselblad Masters 2021

finalist Architecture

 

Song ‘e mare

permanent installation in Scampia Station, Naples Metro Subway

Regione Campania – EAV – Fondazione Plart

December 2019

Luciano Romano’s portraits for Scampia Station in Naples Subway, December 2019 

“Music cannot be posed, because of its nature, it escapes from any visual representation”. Still, in photographing music, the artist has found a metaphor just as credible as all the things that compose the Scambiapassi project: the sea, in its endless flow and inspiration, and our shimmering relationship with it.  A sea that – with its gulf that shines at the “Sole mio” or under the glimmer of the stars and a “Luna Rossa” – has inspired a lot of Neapolitan music, but in Scampia, as in many other central districts of Naples, it seems historically and creatively so distant (after all, Anna Maria Ortese wrote that “The sea does not flow through Naples”). But it is the sea, indeed, that brings the harmonic evocation and rhythmic excitement of singing and music, making themselves “a possible representation” of their very “raison d’être”. Fourteen full-length pictures of Neapolitan musicians and singers, portrayed in black and white at the encounter between solar backlight and artificial lighting, placed along the same horizon line, the one among sea and sky, while they take a step forward, moving closer or going away, in a constant dynamic between scene and background, light and shadow, masculine and feminine, cultured and popular, memory and intuition. As if, even fixed on the photographic paper, these images return us the motion itself of the creative process from which Neapolitan songs and melodies were all originated on the shores of this gulf. The matrix structure of these portraits turns out to be the image of the German artist Joseph Beuys (Krefeld, 1921 Düsseldorf, 1986) We Are The Revolution (1971): every note and every chord of hope or desperation, seem to be recalled from this gesture that demands our attention and participation… “If I have tochoose an image, the Neapolitan music inhabits my thoughts like this”… And here there is another surprising reference in the genesis of Scambiapassi: precisely of a conception of art understood and practiced by Beuys as inclusion and activation, in a research that leads to the same level of existential event and maieutic and formative function of artistic acting. The art-life relationship originated from the Beuys’ Soziale Plastik, subverts an experience of artwork as a fetishistic object to contemplate for assuming an anthropological value and a democratic function of responsibility towards every human being, solicited to participate in the society’s decision mechanisms and to be committed actively, critically, responsibly. We Are The Revolution, therefore, is not only the image taken at Casa Orlandi in Anacapri becoming the manifesto published for the artist’s first personal exhibition in Naples, on 13th of November 1971, at the Lucio Amelio gallery. But it is also, and above all, a code word that seems to reverberate up to a public art project such as Scambiapassi, indeed, will be. (Andrea Viliani)

Le immagini fotografiche di Luciano Romano per la stazione metro di Scampia, dicembre 2019

“La musica non la puoi mettere in posa, per sua natura sfugge a ogni rappresentazione visiva”. Eppure, nel fotografare la musica, l’artista ha reperito una metafora altrettanto verosimile, come lo è tutto ciò che compone il progetto Scambiapassi: il mare, nel suo flusso e ispirazione senza fine, e il nostro cangiante rapporto con esso. Un mare che – con il suo golfo che risplende al “Sole mio” o sotto il baluginio delle stelle e di una “Luna rossa” – ha ispirato molta della musica napoletana, ma che a Scampia, come in molti altri quartieri anche centrali di Napoli, storicamente e creativamente sembra invece così distante (scriveva del resto Anna Maria Ortese che Il mare non bagna Napoli). Ma è appunto il mare che porta con sé l’evocazione armonica e l’eccitazione ritmica del canto e della musica, facendosi “possibile raffigurazione” della loro stessa “ragion d’essere”. Quattordici fotografie di musicisti e cantanti napoletani a figura intera, ritratti in bianco e nero all’incontro fra controluce solare e illuminazione artificiale, posti lungo la stessa linea d’orizzonte, quella fra mare e cielo, mentre fanno un passo in avanti, avvicinandosi o allontanandosi, in una costante dinamica fra scena e retroscena, luce e ombra, maschile e femminile, colto e popolare, ricordo e intuizione. Come se, pur fissate sulla carta fotografica, queste immagini ci restituissero il moto stesso del processo creativo da cui canzoni e melodie napoletane sono scaturite, tutte, in riva a questo golfo. La struttura-matrice di questi ritratti si rivela essere l’immagine dell’artista tedesco Joseph Beuys (Krefeld, 1921-Düsseldorf, 1986) La rivoluzione siamo noi (1971), riportata sul manifesto della mostra personale alla Modern Art Agency di Lucio Amelio e realizzata mentre l’artista era ospite di Pasquale e Lucia Trisorio alla Casa Orlandi di Anacapri: ogni nota e ogni accordo, di speranza o di disperazione, sembrano richiamati da questo gesto che reclama la nostra attenzione e partecipazione… “Se proprio devo scegliere un’immagine, la musica di Napoli abita così i miei pensieri”… Ed ecco un altro riferimento sorprendente nella genesi di Scambiapassi: quello appunto a una concezione dell’arte intesa e praticata da Beuys come inclusione e attivazione, in una ricerca che conduce sullo stesso piano vicenda esistenziale e funzione maieutica e formativa dell’agire artistico. Il rapporto arte-vita che scaturisce dalla Soziale Plastik beuysiana sovverte un’esperienza dell’opera d’arte come oggetto feticistico da contemplare per assumere un valore antropologico e una funzione democratica di responsabilizzazione nei confronti di ogni essere umano, sollecitato a partecipare ai meccanismi decisionali della società e a impegnarvisi attivamente, criticamente, responsabilmente. La Rivoluzione Siamo Noi non è quindi solo l’immagine scattata a Casa Orlandi ad Anacapri e diventata il manifesto pubblicato per la prima mostra personale dell’artista a Napoli, il 13 novembre 1971, presso la galleria di Lucio Amelio. Ma è anche, anzi soprattutto, una parola d’ordine che sembra riverberarsi fino a un progetto d’arte pubblica quale è, appunto, Scambiapassi.  (Andrea Viliani)

 

News 2

Campania Mirabilis

Royal Palace of Caserta June – September 2018

Hasselblad Masters 2018 Finalist Architecture

The photography Show by AIPAD New York

Pier 94, SR Contemporary, March April 2017

Luciano Romano / Le regard oblique

Photographs by Luciano Romano Texts by Michel Serres, Giulio Paolini and Luciano Romano

5 continents edition, May 2017

Cover Casa VOGUE n° 47 April 2017

Milan Design Week

 

 

News 3

Robert Rauschenberg – Tate Modern, London

1 December 2016 – 2 April 2017

Robert Rauschenberg among friends – MoMA, New York

21 May 2017 – 17 September 2017

Luciano Romano Set design by Rauschenberg for Trisha Brown Dance Company’s  Lateral Pass, Teatro di San Carlo


Hasselblad Masters 2016
Finalist / Landscape

Hasselblad Masters 2014 Finalist / Architecture

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Sconfinamenti#3 

Spoleto, 58° Festival dei Due Mondi 2015

Curated by Achille Bonito Oliva

June-July 2015
Installations in the main room by Mimmo Jodice, Antonio Biasiucci, Marco Delogu, Luciano Romano

Rocca Albornoz, Spoleto, PG Italy

Luciano Romano
Spirali (2014), polittico
n° 3 pigment prints on cotton paper, 160×122 cm, edition of 6

Music by Arvo Pärt

project and production Change performing Arts

SCONFINAMENTI#3 a cura di Achille Bonito Oliva

SCONFINAMENTI#3 a cura di Achille Bonito Oliva

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Photobiennale Moscow 2014 

curated by Olga Sviblova

Multimedia Art Museum, Moscow / Moscow House of Photography Museum

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Shirin Neshat: Don’t Ask Where the Love Is Gone
Photography by Luciano Romano
Commissioned by Comune di Napoli / Stazione Toledo / Metropolitana di Napoli spa
Project by Change Performing Arts, Milan
Curated by Achille Bonito Oliva, Produced by Franco Laera
Courtesy of the artist and Gladstone Gallery, New York and Brussels
OPENING Preview 12/03/2014
http://www.mamm-mdf.ru/en/exhibitions/shirin-neshat/

Toledo Station – Naples Metro Subway

18/09/2013  Don’t ask where the love is gone   permanent installation conceived for the Toledo Station in the Naples Underground by  Shirin Neshat, photography by Luciano Romano. Curated by Achille Bonito Oliva, project and production: Change Performing Arts

18/09/2013 Don’t ask where the love is gone  installazione permanente creata per la Stazione Toledo della Metropolitana di Napoli da Shirin Neshat,  con fotografie di  Luciano Romano.  A cura di Achille Bonito Oliva, progetto e produzione: Change Performing Arts.

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An intense dramatic force characterizes the installation of nine large portraits in black and white made by one of the most charismatic personalities of the contemporary scenario, Shirin Neshat, visual artist and filmmaker of Iranian origin. For this work Neshat has chosen a Neapolitan artist and photographer, Luciano Romano, and nine performers from the Neapolitan scene. The title of the work explicits as much the inspiration to the correspondence relationship between the theatrical fiction and real life, as the desire to represent, through nine different expressions of the body, the feeling of loss and separation.

Nine actors describe a passage of emotions, from the bewilderment of the young girl who opens the series, to the angry fury of the older man who closes the sequence, through nine emotional states where dismay gives way to awareness and anger. The concept of the work was born in 2011 on the emotional push of the events of the Arab Spring, when the individual drama of the individual managed to find a dimension of collective protest. Shirin Neshat realized, however, that she could not simply transfer her idea of ​​herself to the contradictory reality of Naples, and at this point she changed the political value of her project to focus on the more markedly individual and human aspect. The choice of light refers to those paintings of the seventeenth century where artists such as Caravaggio, Ribera or Artemisia Gentileschi, coming from other cultural contexts, arrived in Naples, not by chance, pushing the highly theatrical dimension of their works. Those who witnessed the shooting will be able to say that no one was ever posed (hence the choice to use Luciano Romano, a photographer known for his mastery of language, light and theatrical time), that thousands of shots were were produced and dozens of actors and theater-related characters took turns in front of the lens. Shirin Neshat, director of the film “Women Without Men” which won the Silver Lion at the Venice Film Festival, is a visual artist deeply linked to the human dimension and was very skilled in suggesting to the actors not to act in a play, but to tell the stories own personal dramas, whether large or small, succeeding fully. Nine episodes, to be watched through nine windows, a metaphor for the half-doors of the adjacent “bassi”, where individual stories are transformed in spite of themselves into a choral dimension.

Nove attori più o meno noti descrivono un passaggio di emozioni, dallo smarrimento della giovane ragazza che apre la serie alla furia rabbiosa dell’uomo più anziano che chiude la sequenza, attraverso nove stati emotivi dove lo sgomento lascia il passo alla consapevolezza e alla rabbia. Il concept del lavoro nasce nel 2011 sulla spinta emotiva degli eventi della Primavera Araba, quando il dramma individuale del singolo riesce a trovare una dimensione di protesta collettiva. Shirin Neshat si è resa conto tuttavia che non poteva trasferire semplicemente la sua idea alla contraddittoria realtà di Napoli, e a questo punto ha ridimensionato la valenza politica del suo progetto per concentrarsi sull’aspetto più marcatamente individuale e umano. La scelta della luce rimanda a quei quadri del seicento dove artisti quali Caravaggio, Ribera o Artemisia Gentileschi, venendo da altri contesti culturali, arrivati a Napoli spingono non a caso sulla dimensione fortemente teatrale delle loro opere. Chi è stato testimone delle riprese potrà raccontare che mai nessuno è stato messo in posa (e da qui la scelta di servirsi di Luciano Romano, un fotografo conosciuto per la padronanza del linguaggio, della luce e del tempo teatrale), che migliaia di scatti sono stati prodotti e decine di attori e personaggi legati al teatro si sono avvicendati davanti all’obiettivo. Shirin Neshat regista del film “Donne senza uomini” Leone d’Argento al Festival del Cinema di Venezia, è un’artista visiva profondamente legata alla dimensione umana, ed è stata abilissima nel suggerire agli attori di non recitare una pièce, ma di raccontare i propri drammi personali, grandi o piccoli che fossero, riuscendoci in pieno. Nove episodi, da scrutare attraverso nove finestre, metafora delle mezze porte dei bassi contigui, dove le storie individuali si trasformano loro malgrado in una dimensione corale.

 

News 4

Prix Filaf d’Or 2013

Le Filaf d’Or was given this year to the book  Gustav Klimt, Yout l’œuvre peint, by Tobias G. Natter, published by Taschen in four languages, , featuring a complete photographic work of the Stoclet Frieze in Bruxelles commissioned exclusively for this book to Luciano Romano.  Filaf, the main international festival dedicated to art books and films, awarded a series of prizes to selected participants, during a ceremony held in Perpignan, Fance on 29 June 2013. This year’s jury consisted of Jean-Paul Boucheny, director and producer;  Jennifer Flay, director of FIAC; Line Ouellet, director of the National Museum of Art in Québec; Éric de Chassey, director of the Académie de France in Rome and Laurent Le Bon, director of the Centre Pompidou-Metz

Il Premio Filaf d’Or  è stato assegnato quest’anno al volume Gustav Klimt, Tout l’œuvre peint, di Tobias G. Natter, pubblicato da Taschen in quattro lingue, che presenta una grande e inedita campagna fotografica del Fregio Stoclet a Bruxelles commissionata in esclusiva per questo volume a Luciano Romano. La Giuria del Prix Filaf, il principale festival internazionale dedicato al libro  e al film d’arte era composta da: Jean-Paul Boucheny, regista e produttore; Jennifer Flay, direttrice della FIAC; Line Ouellet, direttrice del National Museum of Art, Québec; Éric de Chassey, direttore dell’ Accademia di Francia a Roma e Laurent Le Bon, direttore del Centre Pompidou-Metz

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Miami, Main Library Auditorium – June 22 – August 7, 2013

San Francisco, The Italian American Museum – December 5, 2013 – January 26, 2014 

An itinerant exhibition, with 150 works by renowned photographers and images from famous films shot on UNESCO World Heritage Sites in Italy. The exhibition aims at showcasing Italy’s 47 properties inscribed on the World Heritage List. Photographers include some of the most notable Italian contemporary artists: Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Luca Campigotto, William Guerrieri, Vittore Fossati, Mimmo Jodice, Giuseppe Leone, Raffaela Mariniello, Luciano Romano and  Ferdinando Scianna.

Una mostra itinerante con 150 opere di celebri fotografi e un montaggio cinematografico con scene tratte da celebri film aventi per tema i siti  del Patrimonio dell’Umanità UNESCO in Italia. La mostra presenta i 47 siti iscritti nella World Heritage List attraverso lo sguardo di artisti della fotografia contemporanea quali Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Luca Campigotto, William Guerrieri, Vittore Fossati, Mimmo Jodice, Giuseppe Leone, Raffaela Mariniello, Luciano Romano e  Ferdinando Scianna.

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